Quota 100 è la misura sperimentale, per il triennio 2019-2021, introdotta dal Governo Conte con la legge di bilancio 2019, che consente di andare in pensione con 62 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi, in anticipo rispetto ai requisiti di età previsti dalla pensione di vecchiaia dopo la legge Fornero.
A beneficiare del nuovo regime pensionistico, in termini generali, è stato solo il 29% della platea interessata. E’ quanto dichiarato dal presidente INPS, Pasquale Tridico, che ha fatto un bilancio dei primi sei mesi.
I sindacati avevano previsto la scarsa attrattiva di Quota 100, confermata poi dai dati ufficiali; a far decidere ai lavoratori di rimanere al loro posto sarebbe l’importo dell’assegno considerato troppo basso, in quanto il mancato versamento dei contributi dovuto all’uscita anticipata si riflette sull’importo da percepire, che si abbassa.
Le differenze di stipendio tra Nord e Sud si riflettono anche sulle differenze di assegno pensionistico: più pesanti quelli settentrionali; più leggeri quelli meridionali.
L’INPS ha comunicato gli ultimi dati aggiornati sull’adesione al nuovo meccanismo previdenziale (introdotto col decretone assieme al reddito di cittadinanza col fine di superare la legge Fornero): hanno raggiunto quota 162mila al 22 luglio 2019 le domande per l’uscita anticipata da lavoro con 62 anni di età e 38 di contributi versati.
Il maggior numero di richieste è stato presentato a Roma, con quasi 13.000 domande, seguita da Milano con 7.500 e Napoli con 6.900 richieste. Il maggior numero di richieste è stato presentato da lavoratori dipendenti con 59.642 domande, seguite dalle 51.913 della gestione pubblica. Passando al dettaglio del genere, 120.197 sono le richieste presentate dagli uomini, mentre sono “solo” 42.406 quelle inviate da donne.
Le richieste di uscita Quota 100 sono state inferiori al previsto anche nel comparto scuola.
Il numero di domande si è fermato infatti intorno alle 27 mila (a fronte delle aspettative di circa 60-70 mila). A frenare molti dei potenziali interessati è la penalizzazione dell’assegno mensile. Difficile però prevedere con esattezza quanto prenderà di pensione un insegnante con Quota 100.
Questo perché l’Inps ha reso noti gli importi medi nazionali ma non quelli specifici del comparto scolastico: nonostante l’INPS abbia fornito l’importo medio delle pensioni per Quota 100, le tabelle relative agli importi destinati ai lavoratori della scuola non sono state ancora rese pubbliche. Stando alle medie nazionali si può presumere una pensione per i docenti di 1.600-1.700 euro netti. Si scende a 1.300 per il personale Ata mentre per i dirigenti scolastici gli importi sono ovviamente più alti anche se difficilmente si superano i 2. 500 euro.
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