È possibile conciliare lavoro e figli piccoli? In teoria, la risposta dovrebbe essere sì, ma la realtà in Italia è ben diversa per molte famiglie. Sono ancora numerose le coppie con figli piccoli o adolescenti in cui lavora un solo genitore, e questo accade spesso per necessità economica piuttosto che per una scelta consapevole. L’idea di avere una vita professionale e familiare equilibrata sembra ancora un obiettivo lontano per molte famiglie italiane.
Secondo il report “Donne, Lavoro e Sfide Demografiche” realizzato da Gi Group Holding in collaborazione con Valore D, sono soprattutto le madri a fare un passo indietro nel mondo del lavoro. Nella maggior parte dei casi, infatti, quando c’è la necessità di scegliere tra i due stipendi della coppia, si decide di mantenere quello più alto, che è tipicamente quello dell’uomo. Di conseguenza, sono le donne a sacrificare la propria carriera, rimanendo a casa per prendersi cura dei figli. Questa dinamica si riflette anche nella ripartizione del congedo parentale: solo nel 22% dei casi padri e madri lo utilizzano in modo equo.
Questa scelta non si basa solo su questioni economiche immediate, ma anche su considerazioni a lungo termine: molte famiglie preferiscono preservare le prospettive di carriera del padre, temendo che una pausa dal lavoro possa compromettere la sua crescita professionale. Tuttavia, questo crea un circolo vizioso per le madri: essendo più propense a lasciare il lavoro o a ridurre il proprio impegno, finiscono per occupare ruoli meno qualificati e meno remunerati, il che le marginalizza ulteriormente nel mercato del lavoro e riduce le loro possibilità di rientrare con una posizione equivalente a quella precedente.
Le conseguenze di questo squilibrio non si limitano alle singole famiglie, ma si estendono anche alla società nel suo complesso. Quando metà della popolazione, le donne, non ha la possibilità di partecipare pienamente alla vita economica, ne risente l’intero sistema produttivo del Paese. Un minor tasso di occupazione femminile significa anche meno contributi previdenziali e una riduzione della base fiscale, aggravando ulteriormente le sfide demografiche e economiche che l’Italia sta già affrontando, tra cui il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione.
Non sorprende quindi che le madri chiedano un maggiore supporto da parte dello Stato per conciliare vita lavorativa e familiare. Tra le principali richieste emergono servizi come asili nido gratuiti, accessibili e di qualità, che consentirebbero alle donne di continuare a lavorare senza dover sacrificare la cura dei figli. In particolare, il 20% delle donne che hanno già figli ha dichiarato che potrebbe valutare l’idea di avere altri bambini se ci fossero maggiori investimenti nei servizi per l’infanzia.
Ma non basta. Un cambiamento culturale è fondamentale per scardinare i pregiudizi che ancora influenzano la divisione dei ruoli all’interno della famiglia. Una maggiore condivisione delle responsabilità genitoriali, sostenuta anche da politiche aziendali più inclusive e da congedi parentali effettivamente bilanciati tra i due genitori, potrebbe essere una chiave di svolta. Solo così si può sperare di spezzare quel circolo vizioso che spinge molte madri ai margini del mercato del lavoro e restituire loro piena dignità professionale.
Non si tratta solo di una questione di uguaglianza di genere, ma di una necessità per il futuro economico e sociale del paese.