Il decreto contenente Quota 100 è stato approvato il 17 gennaio dal consiglio dei ministri. Con la pubblicazione in Gazzetta è partita la corsa alle domande sulla piattaforma Istanze OnLine mediante la quale sarà possibile inoltrare la domanda di pensionamento per l’anno 2019.
Quota 100 richiede 62 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi: chi possiede questi requisiti potrà andare in pensione in anticipo, rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero.
Misura sperimentale, prevista per il triennio 2019-2021, quota 100 comporterà l’adeguamento dell’importo dell’assegno mensile, che sarà ridotto. Una penalizzazione che è naturale, dato che chi versa meno contributi avrà un assegno più basso. Altro svantaggio è dato dall’impossibilità di continuare a lavorare, fatta eccezione per il limite di 5.000 euro, derivante da lavoro autonomo occasionale. Chi invece resterà al lavoro fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia prenderà di più, appunto perché avrà versato più contributi. La scelta spetta al beneficiario.
Secondo recenti studi, un lavoratore dipendente, classe 1958, che guadagna 2000 euro al mese, se optasse per la pensione di vecchiaia dovrebbe aspettare fino al 2026, quando cioè avrà compiuto 67 anni e 7 mesi. L’alternativa è quota 100, con cui potrebbe uscire 5 anni e 4 mesi prima; questa scelta avrà un costo poiché andando in pensione nel 2026 incasserebbe 1761 euro. Con quota 100 uscirebbe nel 2020 incassando 1224 euro, con un taglio del 29%.
I più pessimisti sul risultato finale dei conteggi sono gli esperti dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, dopo la elaborazione dei dati di fonte Inps. Secondo i loro calcoli la riduzione dell’assegno mensile potrebbe oscillare tra un minimo del 5,06% (per chi andrà in pensione solo un anno prima) ed un massimo del 34,17 % (per l’anticipo di sei anni sui tempi previsti dalla legge Fornero). Va tuttavia considerato che con l’anticipazione della rata pensionistica, più bassa, la pensione verrebbe erogata per un numero di anni maggiore rispetto all’uscita con le regole Fornero.
Ad ogni modo può essere utile il simulatore online messo a disposizione dall’ INPS insieme agli estratti conto previdenziali degli iscritti: consente di calcolare l’assegno mensile in base alla legislazione attuale.
In definitiva la scelta è soggettiva, dipendendo anche dalla carriera lavorativa personale.
Certo è che le domande continuano a crescere: secondo i dati INPS del 7 febbraio le richieste inviate sono state quasi 30.000. Roma si colloca al primo posto, seguita da Napoli. Dai lavoratori dipendenti sono arrivate 12010 domande, dal settore pubblico 8972. Le domande provenienti dal sud sono pari al 41% . Un esordio positivo per la misura, nonostante i dubbi sollevati dagli esperti.
Dopo gli ultimi aggiornamenti di qualche giorno fa, che ne contavano circa 32.000, ieri, in data 12 febbraio, a quel dato se ne aggiungono più di 8.000. In totale infatti, alle ore 16 di questo pomeriggio, sono 40.104 le domande pervenute all’Inps, delle quali 5.233 presentate direttamente dai cittadini e 34.871 tramite gli enti di patronato. Il primato resta sempre alle grandi città metropolitane con Roma a 3.245, seguita da Napoli a 1.943 e Milano a 1.505.
Anche la quota di persone appartenenti a una fascia di età compresa tra i 63 e i 65 anni continua ad essere prima in classifica nel richiedere il servizio con 18.751 documenti inviati, seguita dai contribuenti al di sotto dei 63 anni di età che sono stati 13.084 e gli over 65 per 8.269 documenti inviati all’Istituto previdenziale.
I dati non variano neanche per formazione lavorativa vedendo emergere i lavoratori dipendenti come i principali reclamatori del servizio con 15.804 domande. A differenziarsi nettamente invece sono le rivendicazioni per Quota 100 pervenute se suddivise per sesso. Sono, con 8.641 i moduli, una minoranza quelle provenienti dal gentil sesso se paragonati a quelli firmati dagli uomini che raggiungono il restante 31.463
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